Senza una gamba, ma con un cuore immenso: Lars Grael trionfa nella Classe Star

Senza una gamba, ma con un cuore immenso: Lars Grael trionfa nella Classe Star

Ci sono storie che ci fanno innamorare dello sport, ci sono storie che ci fanno capire che ogni ostacolo può essere superato se la passione è immensa, e se la voglia di reagire batte rassegnazione e sconforto. La carriera di Lars Grael è un bellissimo esempio di come il cuore, la forza d’animo e la voglia di fare, possano spingere un atleta a superare i suoi limiti e a conquistare medaglie che hanno un significato ben più profondo del normale.

Lars Grael è un velista brasiliano, si appassiona a questo sport da giovanissimo e conquista i primi successi nella classe Tornado: due bronzi olimpici a Seoul nel 1988 e ad Atlanta nel 1996. Ora gareggia nella classe Star, prima del titolo in Argentina, si laurea campione del mondo nel 1996 e nel 2004, in mezzo un terribile incidente.

Nel settembre del 1998 un motoscafo, guidato da un ubriaco, investe Lars Grael, i medici non possono fare altro che amputare la sua gamba destra. L’atleta reagisce, supera il trauma, torna in barca e torna a vincere: il successo nella Classe Star è un riconoscimento alla volontà di questo velista, una storia bellissima.

Oltre al trionfo di Lars Grael segnaliamo anche qualcosa di più “normale”, sempre riguardo alla gara in Argentina della Classe Star. Il duo italiano Diego Negri-Sergio Lambertenghi, atleti dello Yacht Club Marina di Loano, si è piazzato al terzo posto.

Confermato così il trend abituale: difficilmente giù dal podio anche a livello internazionale, “se penso che Torben Grael (il fratello del vincitore ndr) fino all’ultimo è stato primo in classifica ed ha concluso la regata al settimo posto, posso dire che sono davvero felice di aver agguantato il podio. Si tratta di un successo meritato, che premia allenamenti e sacrifici, certo concludere ad un solo punto dal secondo sembra una beffa ma è lo sport: spesso si vince o si perde per una sola lunghezza”, queste le parole di Diego Negri.

Foto: repstatic.it

Paolo Bellosta

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