Alla fine hanno vinto i più ricchi, i più veloci e probabilmente anche i più bravi. Poco importa se la vittoria è arrivata dopo una rimonta pazzesca, ma Oracle Team USA ha dimostrato di avere i valori per meritare questo risultato.
Certo un valore come la velocità si sviluppa anche con le possibilità economiche e in questo il team di Larry Ellison non ha assolutamente rivali in questa fase dell’America’s Cup. Emirates Team New Zealand ha partecipato a questa sfida con un budget largamente inferiore a quello USA, e poco ci mancava che la vincesse. Finisce invece 9-8 per Oracle, al termine di un’ultima regata dove New Zealand ha fatto il possibile conducendo per due lati, ma la migliore velocità di Oracle in bolina è stata decisiva.
Oracle è anche il team forse con maggior talento che si sia mai visto su una barca a vela, e questo bisogna ammetterlo. James Spithill, Ben Ainslie, Tom Slingsby: difficilmente potrete trovare un trio più talentuoso del pozzetto americano, che poi nessuno di loro sia statunitense questa è un’altra storia. Già, perché va detto anche questo: nel sogno del multimilionario Larry Ellison di USA non c’è molto: come è normale che faccia uno degli uomini più ricchi al mondo, Ellison si è limitato a selezionare i migliori professionisti sulla faccia della terra per quest’ America’s Cup: dai progettisti, ai velisti, passando per i costruttori e lo shore team, i migliori erano con Oracle, ma di USA c’era ben poco, mentre dall’altra parte il marchio New Zealand era segnato col fuoco.
Team New Zealand verrà ricordato come l’equipaggio che perse la Coppa dopo avere dominato per 8-1, ma non possiamo dimenticare i meriti di questi ragazzi: con un budget nettamente inferiore sono stati i primi ad avere l’intuizione del foiling, nonostante avessero avuto molto meno tempo a disposizione per preparare la sfida. Hanno messo seriamente nell’angolo Oracle, e soltanto un miglio in quella maledetta regata ha separato Dean Barker da una Coppa che stava strameritando. Quel miglio che nessuno scorderà mai in Nuova Zelanda: quel miglio maledetto come le parole di Ian Murray che avvisa l’equipaggio kiwi della fine del tempo limite, dando di fatto l’inizio alla rimonta USA. Con i se non si fa la storia, ma sarebbero bastate un paio di raffiche in più quel giorno e staremmo qui a raccontare qualcosa di diverso. This is America’s Cup guys: non c’è secondo, ma solo vinti e vincitori.