La vecchia Coppa America: quando era ancora un affare tra marinai

La vecchia Coppa America: quando era ancora un affare tra marinai

In origine fu la Coppa delle Cento Ghinee e non era un semplice business ma un affare tra marinai, dove in palio c’era l’orgoglio nazionale e non sponsor multimiliardari. In origine ogni nazione mandava i suoi migliori velisti e non comprava gli avversari per arruolarli nella proprio squadra in base al principio: “Ho più soldi e compro tutto”. In origine era la vela allo stato puro e non un grande circo per paperoni del mare. Oggi la Coppa America ha perso parte del suo fascino a causa di una gestione scellerata, dove i grandi finanziatori di questo gioco decidono le regole e le cambiano a loro piacimento. Vasco Vascotto, quello che indiscutibilmente è da considerare come uno dei migliori velisti italiani, mesi fa ha sbottato, e un’intervista ha riservato critiche feroci verso una manifestazione che non riconosce più: “ La Coppa America futura è al momento una Coppa di pochi, mi sembra, o comunque sia non è neanche una Coppa che costerà poco come è stato propagandato.  La Coppa del 2007 è stata la più bella in assoluto. Non mi pare di ricordare un solo momento di crisi. Zero assoluto. Se si vuole cambiare la Coppa più bella di sempre con qualcosa di diverso, devi puntare su qualcosa di certo. Ora faccio io una domanda a tutti: vi sembra che la rivoluzione proposta abbia portato con sé dei benefici? La risposta mi sembra assolutamente chiara. E poi, non sono così convinto che una gara in moto sia più entusiasmante di una gara in bicicletta. Sempre che entrambe siano eque e sane … Alla prossima Coppa America parteciperanno team con undici velisti, mentre prima in barca si andava in diciassette o trentaquattro a seconda di quante barche si mettevano in acqua”. Un attacco durissimo a un sistema che ha fatto fuori i team  italiani, i quali non hanno reputato opportuno investire grandi quantità di denaro in un progetto che difficilmente li potrebbe vedere protagonisti, per il semplice fatto che le regole sono cambiate all’improvviso e troppo in fretta.

La Coppa America nella sua storia ha dato vita a battaglie entusiasmanti, dove anche una barca meno veloce era in grado di battere l’avversario più svelto. Chi potrà mai dimenticare una notte, tutta l’Italia incollata alla Tv, mentre a San Diego si stava disputando la seconda prova della finale del 1992, in acqua AmerIca Cube, defender, contro il nostro Moro di Venezia. Gli americani vantavano un mezzo nettamente più veloce del nostro, ma quella notte qualcosa successe. I nostri velisti, tutti italiani ad eccezione del solo Paul Cayard, compirono un’impresa che resta tutt’ora imbattuta: vincere una regata nella finale dell’America’s Cup. Il sogno fu realizzato nella maniera più incredibile, con un arrivo al fotofinish dove Cayard ordinò ai suoi ragazzi di mollare lo spinnaker a pochi metri dal traguardo così da poter tagliare l’arrivo prima, se non con lo scafo almeno con la vela lanciata in avanti, e beffare davanti al loro pubblico per una manciata di centimetri i colossi statunitensi. Dimenticate tutto questo cari amici appassionati; dimenticate i team tutti di una nazione; dimenticate una barca più lenta che batte la più veloce, perché oggi le differenze di performance tra i catamarani in gara saranno così nette che nessuna impresa sarà possibile, con buona pace del sonno degli italiani, che nella notte non avranno nessuna barca da tifare nella baia di San Diego.

 

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