Volvo Ocean Race: prossima stazione Capo Horn

Volvo Ocean Race: prossima stazione Capo Horn

La quinta frazione, ha preso il via da Auckland in perfetto orario, alle nove del mattino (le 21 in Italia) con la consueta nutrita flotta di barche spettatori e in condizioni di vento medio/leggero, dopo che il passaggio del ciclone Pam aveva costretto gli organizzatori a rinvii successivi dello start. Per la cronaca dopo qualche miglio dallo start la testa è stata presa da Dongfeng Race Team, ma la strada per i sei team è ancora molto lunga ed estremamente accidentata.

Per Stu Bannatyne, alla sua sesta partecipazione e che per la tappa sarà a bordo di Team Alvimedica, è “la navigazione più bella del mondo”. Per Ian Walker, skipper di Abu Dhabi Ocean Racing “è il motivo per cui è conosciuta questa regata” e il suo navigatore Simon Fisher la definisce “la tappa più dura”.

Nel primo tratto la flotta percorrerà le 200 miglia di navigazione costiera lungo il Colville Channel e la Bay of Plenty, dopo circa 24 ore dalla partenza la flotta dovrebbe doppiare East Cape, che come dice il nome è la punta più orientale della Nuova Zelanda. “E’ qui che inizia la parte oceanica vera e propria” spiega il meteorologo della regata Gonzalo Infante. “Una volta arrivati a questo punto metteranno la prua verso est e avranno condizioni di vento più stabili sul cammino del ciclone Pam.”

Inizierà a questo punto anche la vita dura a bordo delle sei barche, con le oltre 4.400 miglia attraverso gli oceani meridionali, spinte dai forti venti occidentali fino al leggendario capo Horn. “Non esiste luogo al mondo dove si può navigare tanto a lungo alle portanti e tanto velocemente” spiega ancora Simon Fisher. “Sarà la prima volta che la flotta di questa edizione troverà tanto vento per un lungo periodo e ciò potrebbe rimescolare le carte. Restare tutti interi, non far danni fino a Capo Horn è importante, perchè è lì che si vince o si perde la regata.”

Non sarà facile, non solo perchè le condizioni saranno molto peggiori di quanto i 57 velisti hanno visto finora, ma anche perchè i 20/25 nodi di vento non dureranno a lungo. “Navigare negli oceani meridionali è come fare surf” spiega ancora Gonzalo Infante. “Bisogna cavalcare una bassa pressione o un fronte il più a lungo possibile finché non si è raggiunti da un’alta pressione.” Quindi ci si chiede per quanto possano correre nella scia del ciclone. Una volta usciti i sei team potranno scegliere se prendere una rotta nord, con meno vento ma più diretta, oppure una sud con più vento. Qualsiasi sia la scelta, tuttavia, le rotte finiranno per convergere a circa 50° di latitudine sud fra circa una settimana. A quel punto le onde saranno più lunghe, meno frangenti, e si svilupperanno altre basse pressioni. Non solo, la flotta dovrà rispettare i cosiddetti Ice Limit*, cioè le line imposte dagli organizzatore per tenere i team lontani dalla zona di maggiore presenza di iceberg e growler.

E poi, c’è Capo Horn, il mito di tutti i velisti oceanici. “Ho sentito un po’ di storie” dice il giovane Willy Altadill, uno degli under 30 imbarcati su MAPFRE e figlio del veterano Guillermo Altadill. “Ho parlato con mio padre due settimane fa. Stava passando il capo durante la Barcelona World Race e ha trovato tempo pessimo. Il tempo è sempre terribile lì, non a caso è Capo Horn. Non ci sono mai stato… credo sia un bel posto per un velista.” Al contrario, Stu Bannatyne ha doppiato il capo sette volte e può quindi dare un valido consiglio. “Godetevi il momento, non ci sono tante persone che l’hanno vissuto.”

Una volta doppiato l’Horn, la flotta avrà ancora oltre 2.000 miglia da percorrere per raggiungere la linea del traguardo di Itajaí, sulla costa sud-orientale del Brasile. In questo tratto di solito spirano intensi venti occidentali per le prime 500 miglia, ma una volta risaliti oltre i 45° di latitudine sud, la situazione si può complicare. Le brezze possono essere forti oppure leggere, si può navigare di bolina, oppure di poppa. La flotta si troverà fuori dal tapis roulant degli oceani meridionali, e l’anticiclone di Sant’Elena potrebbe far sentire la sua influenza.

Ma non è ancora finita: la parte più complessa tatticamente è quella finale, le ultime miglia da Florianopolis a Itajaí, dove spesso sono presenti violenti temporali che si sviluppano sotto la spinta della zona di convergenza dell’Atlantico meridionale. I sei team non dovranno, insomma, sottovalutare la complessità dell’approccio alla linea del traguardo.

Ice limit: si tratta di una linea virtuale che la flotta deve lasciare a destra e che può essere modificata dagli organizzatori a seconda del movimento dei ghiacci nella parte meridionale del pianeta. La linea è composta da un punto immaginario ogni cinque gradi, che disegna un contorno preciso che può essere variato. A oggi il punto più settentrionale è posizionato a 55° sud e il più meridionale a 60° sud.

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