
Tutti coloro che hanno un minimo di esperienza nella navigazione a vela, sanno che una delle condizioni più difficili è l’andatura con vento rafficato, sia essa di bolina o alle portanti. “Raffica in arrivo”, quante volte abbiamo sentito gridare a bordo questo avvertimento, seguito dalle note conseguenze: sbandamento violento della barca, straorza e perdita del controllo. Quali sono le tecniche migliori per difendersi in questa situazione?
Prima di qualsiasi riflessione tecnica sul modo di timonare o regolare la barca in base al vento rafficato, occorre tenere gli occhi ben aperti: una corretta osservazione della superficie dell’acqua è il miglior modo per difendersi dalla raffiche in arrivo. Osservando il mare è possibile individuare la raffica, visibile in una zona di mare più scuro e increspato, stabilendone approssimativamente l’intensità e la direzione. Se siamo riusciti a individuare l’arrivo della raffica, metà del nostro lavoro è già compiuto. Un particolare in più sarebbe quello di capire con che velocità il rinforzo di vento si avvicina alla nostra barca, ma si tratta di un’abilità che solo l’esperienza può dare.
Passiamo ora ad analizzare il modo di contrastare l’aumento del vento con il timone e con le vele. Se stiamo navigando di bolina e le nostre vele vengono colpite da un rinfresco, la reazione immediata della barca sarà quella di partire verso l’orza: si tratta dell’autodifesa del nostro scafo, che si dirige velocemente controvento per sventare le vele. Non occorre contrastare con il timone questa tendenza, sarebbe inutile, ma bensì anticiparla. In che modo? Non appena notiamo l’arrivo della raffica, prima che ci colpisca, orziamo leggermente fino a portare la vela di prua al limite dell’angolo morto. All’arrivo del rinfresco le vele saranno così più scariche e la barca reagirà in maniera meno nervosa, assorbendo più dolcemente l’aumento del vento. Nel caso in cui si tratti di una raffica di “buono”, ovvero proveniente più da poppa rispetto al vento originale, la cosa più corretta da fare e anticipare con un tocco di timone all’orza, e continuare a orzare sulla raffica fino a portare la vela di prua al limite dello stallo. In questo modo sfrutteremo il rinfresco del vento per guadagnare acqua sopravvento e ottenere una bolina più performante ed efficace. Invece di subire le raffiche le sfruttiamo a nostro favore per risalire il vento.
Nel caso in cui l’intensità dei rinforzi sia troppo alta, bisogna lavorare sulla randa. Preliminarmente appiattiamo il più possibile la vela curvando l’albero e cazzando la drizza e la base. Non appena notiamo la raffica in arrivo molliamo sottovento il carrello della randa, lasciando così la possibilità alla nostra barca di assorbire il rinforzo senza perderne il controllo. Se neanche questo non basta è il momento di lascare la scotta: operazione da fare sempre con un attimo di anticipo sull’arrivo della raffica. Ѐ molto importante agire prima dell rinforzo: orzare o lascare carrello e scotta, va fatto sempre un attimo prima dell’arrivo del vento, senza aspettare lo sbandamento violento del nostro scafo.
Cosa accade invece se navighiamo in poppa, magari sotto spinnaker? La cosa si fa più complicata, ma a tutto c’è un rimedio. Inutile orzare, ci esporremmo pericolosamente al rinforzo di vento, rischiando conclusioni pericolose. Se notiamo un rinfresco in arrivo da poppa il metodo migliore per evitare di partire in straorza è aprire completamente il vang, così da scarica re la randa. Se siamo in regata, e la raffica non è eccessivamente violenta, si può accompagnare l’apertura del vang con un tocco di timone alla poggia, per sfruttare l’aumento del vento guadagnando velocità e acqua. Nel caso in cui il vento è davvero violento, valutare l’esperienza dell’equipaggio, ed eventualmente occorre iniziare a pensare seriamente ad ammainare lo spinnaker e ridurre la velatura, ricordando che è sempre meglio prendere una decisione in anticipo piuttosto che troppo tardi.