Di cambiamenti climatici se ne parla poco, o meglio se ne parla ma senza dedicarci poi troppa attenzione. Non per scarso interesse, forse solo perchè sono argomenti che inconsciamente identifichiamo come estranei, lontani, come fatti che non ci colpiscono in prima persona. Nonostante questo, anche se questi staterelli li conoscono in pochi, è giusto capire cosa stiano realmente determinando questi cambiamenti climatici: queste terre sono sulla linea del fuoco nella guerra contro il riscaldamento globale. Parliamo di isole Stato come ad esempio la zona di Tuvalu – un atollo in mezzo allo sconfinato Oceano Pacifico, 26 chilometri quadrati di superficie e diecimila abitanti. Queste zone rischiano di essere inghiottite dal mare e di sparire per sempre.
L’ultimo modello elaborato dagli scienziati della Nasa conferma che l’innalzamento del livello degli oceani è inevitabile a causa dei cambiamenti climatici. “L’innalzamento delle acque è la conseguenza più tangibile dei cambiamenti climatici – ha spiegato in conferenza stampa Michael Freilich, direttore della Divisione Scienze della terra della Nasa – e questo avrà delle conseguenze importanti sulla nostra nazione, sulla nostra economia e su quella di tutta l’umanità“.
Freilich ha ricordato che “più di 150 milioni di persone, principalmente in Asia, vivono in zone situate a meno di un metro dall’attuale livello delle acque. Negli Stati uniti possiamo pensare alla Florida. Alcune isole, prosegue lo studioso, sono isole del Pacifico che potranno essere completamente sommerse e alcune megalopoli come Dacca in Bangladesh, Singapore e Tokyo saranno gravemente toccate“.
A rischio ci sono oltre 150 milioni di persone nel mondo, come detto, la zona che più rischia di sparire è quella asiatica. Qui vivono molte popolazioni in aree costiere considerate ‘basse’, per capirci a non più di un metro sopra il livello del mare, e che, quindi, potrebbero essere costrette ad abbandonare le proprie case. Dati allarmanti, i cambiamenti climatici stanno creando scompensi irreparabili, o meglio, siamo noi che li abbia creati.
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Paolo Bellosta