
Finita la Fiera è il tempo dell’analisi: che Salone è stato quello della 52ma edizione a Genova? Inutile negarlo, i fasti delle stagioni migliori sono ben lontani e, se quest’edizione non è stata completamente da dimenticare poco ci è mancato. Il peggio è stato evitato dal pubblico, la cui presenza numerica è stata appena sufficiente, ma questo non basta a rendere soddisfatti la maggior parte degli espositori.
Se un cantiere grosso come la Beneteau può dirsi moderatamente contento, grazie anche all’ottima posizione espositiva che avevano le loro barche, a essere scontenti sono in molti a partire dalle aziende degli accessori, relegate in una zona della Fiera assolutamente poco favorevole. Come ci hanno raccontato alcuni a mancare sono anche e soprattutto i servizi: un esempio? Al Salone di Amsterdam tutti gli stand sono dotati di connessioni wi-fi gratuite per gli espositori, mentre a Genova, e non siamo noi a dirlo ma gli operatori, qualsiasi richiesta viene fatta all’organizzazione necessita di esborsi economici.
Un segnale di questa situazione si notava nel numero basso di barche esposte: un cantiere come la Comar, che negli anni passati puntava molto sul Salone esponendo molte barche, quest’anno ha portato solo il Comet 26. Perchè? I posti in banchina e quelli degli stand costano troppo per il momento di crisi che stanno attraversando molte aziende. La Fiera non ha ascoltato la maggior parte delle richieste che i cantieri facevano sui prezzi e le poche barche sono anche il risultato di questa politica.
La Presidente di Fiera di Genova Sara Armella si è invece detta soddisfatta: “sono stati siglati accordi importanti con clienti stranieri”. E’ vero, i grandi compratori probabilmente ci sono sempre, ma il mercato delle big boat è mondiale e si colloca al di sopra delle contingenze economiche, quindi da questo punto di vista la Armella ha sicuramente ragione. Il problema è però un altro: il Salone serve come vetrina anche e soprattutto per quelle piccole e medie aziende, molte italiane, che con il Nautico in passato facevano buoni affari e sfruttavano la Fiera per darsi visibilità. L’organizzazione ha il dovere di preservare anche queste realtà: serve a poco avere grandi acquirenti stranieri se le piccole aziende scompaiono dal Salone.
L’auspicio è che, sin da adesso, organizzatori e operatori si siedano attorno a un tavolo per valutare con onestà e obbiettività i dati del Salone 2012 e capire quali siano gli interventi da fare per il 2013: un Salone con poche barche, con molti scontenti, e spesso con i viali vuoti, non vuole vederlo più nessuno.